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giovedì, giugno 9 [22:28]

LIBERA! 

Libera! Finalmente. Oggi il mondo sembra un pochino piu' bello... Avrei tanto voluto essere ancora li', insieme a tutti gli altri amici, a passare insieme a loro questi 24 giorni. Da qui e' stato anche peggio, probabilmente, senza notizie di prima mano, in compagnia delle idiozie dei giornali, e solo qualche occasionale contatto via Messenger con Kabul. Pero' e' finita, e' finita bene, e questo conta. Ciao, Cleme, spero di rivederti presto.

Informazione in (quasi) anteprima: puo' darsi che a luglio tornero' a Kabul. Tripufff si avvicina...

Per quanto riguarda le foto di questo blog e di Pufff!, ho deciso che non vale la pena rimetterle tutte su... se volete, potete scaricare la versione integrale (foto comprese) di entrambi i blog cliccando sui link qui di seguito:


venerdì, maggio 20 [23:00]

Postilla


Hanno preso Clementina. Ormai sono cinque giorni, lunghi come anni. Aspettiamo da un momento all'altro l'annuncio "CLEM E' LIBERA!"... ma nel frattempo non possiamo fare altro che aspettare, e sperare. Sperare. Imprecando contro l'idiozia, la stupidita', l'ignoranza, la crudelta'.

Ho tolto le foto di questo blog. In molte compariva Clem, e non mi sembra giusto lasciare sue foto in giro per Internet, con tutti gli squali e i necrofili dell'informazione a caccia di scoop. Questo blog e' facilmente raggiungibile da Google, troppo facilmente. Costava di meno levare tutte le foto che andare a selezionare solo quelle sue.

Magari quando la liberano ce le rimetto...

lunedì, dicembre 13 [01:59]

Appendice, 3 

Anche l'atterraggio e' stato degno di un film di Dario Argento. L'aereo e' praticamente rimbalzato un paio di volte sulla pista, sbandando per qualche secondo. Non tanto, ma abbastanza da godere del passaggio davanti agli occhi di tutta la propria vita...

Comunque sia, adesso sono sano e salvo nel grande aeroporto di Karachi, ad un terminale pubblico che non mi fa spedire email, ma che per fortuna mi fa quanto meno aggiornare il blog. Sono ormai le due di notte, e l'aereo per Dubai parte alle 0540. Ho ancora un paio d'ore di attesa prima del check-in.

Moriro' di pizzichi.

Appendice, 2 

Il perche' ho dovuto interrompere e' dovuto al fatto che al momento sono su un terminale pubblico del'aeroporto di Karachi, che mi da' solo venti minuti per volta di connessione. I 20 minuti erano scaduti, percio' ho dovuto sconnettermi e riconnettermi un'altra volta. Succedera' ancora...

Insomma, la PIA. Gli aerei non sono esattamente tra i piu' moderni e rassicuranti. Ma quel che e' peggio e' il tipo di clientela che li usa. L'utente medio e' un Pakistano con tutta la famiglia al seguito, il che vuol dire almeno due o tre bambini assortiti. Non si sa per quale motivo, il bimbo pakistano e' sempre piccolo, non supera mai i quattro o cinque anni, e per definizione piange e urla. Per la legge dei grandi numeri, e' chiaro che nove volte su dieci uno di questi antifurti umani ti si siede vicino, dando al viaggio una chiara connotazione da incubo.

C'e' solo una cosa che puo' battere la legge dei grandi numeri: la legge di Murphy. Infatti non avevo bambini vicino. In compenso dietro a me c'era una ragazza con una tosse ritmico-canina. Nelle due ore di viaggio sono riuscito a misurare il periodo e la frequenza: cough-cough, cough-cough, cough-cough, e poi trenta secondi di silenzio. Ancora cough-cough, cough-cough, cough-cough, e altri trenta secondi. Per circa due ore. Fortuna che la tosse era secca. Insomma, una ragazza pakistana con la tosse secca e' fastidiosa, ma non e' disgustosa come un signore pakistano grasso con la tosse grassa. Che e' l'esatta descrizione del tipo che siedeva alla mia destra. Non ne parlero' oltre per motivi di decenza.

Vi voglio invece parlare dell'uomo alla mia sinistra. Pakistano, l'aspetto losco, barba lunga stile talebano in incognito. Tanto per iniziare, appena l'aereo e' decollato ha cominciato a pregare sottovoce, dondolandosi avanti e indietro. Nel frattempo, e anche dopo aver finito, continuava a tastarsi sotto la giacca, che continuava a indossare nonostante la temperatura interna dell'aereo fosse intorno ai 56 gradi. Per diversi minuti ha continuato a smanettare sotto la giacca, prima a destra, poi a sinistra, come sistemando delle cose. Diciamo che ero molto inquieto... stavo quasi per chiamare lo steward per avvertirlo che ero seduto vicino a uno imbottito di esplosivo, quando ho visto il sospetto che improvvisamente tirava fuori il telefonino e lo spegneva. Ho pensato che uno imbottito di esplosivo non ha nessun interesse a spegnere il telefonino, e mi sono un po' tranquillizzato. Ho chiuso gli occhi e ho provato a dormire un po', ma ho avuto l'orrenda visione del tipo che spegneva il telefonino perche' non interferisse con il detonatore.

Sara' che sto leggendo un libro di Lovecraft, ma ero nuovamente inquieto. Non sapevo che fare, fino a quando ho capito. L'indizio fondamentale erano le facce da Mario Merola in "I figli so' piezz'e core" che il tipo ogni tanto tirava fuori toccandosi sotto la giacca. La realta' era che aveva il braccio sinistro dolorante, e tenerlo a contatto col corpo, sotto la giacca, evidentemente alleviava un po' il dolore. Gli "armeggiamenti" con la mano destra erano massaggi che si faceva alla spalla.

Mi sono rimesso giu', molto piu' rilassato, e ho chiuso gli occhi. Li ho riaperti pochi secondi dopo, in tempo per veder passare lo steward e leggere il suo nome sulla targhetta che aveva sul petto. Si chiamava A. Abbas.

Non ho chiuso occhio fino a Karachi.

Appendice, 1 

Ma, come al solito, non finisce qui... come ho gia' detto, il volo per Islamabad di ieri (be', l'altro ieri, ormai) e' stato annullato per la pioggia di Kabul. Ieri mattina invece il tempo era bello, per cui sono tornato all'aeroporto, e dopo solo quattro ore di attesa sono finalmente partito. Per le dovute variazioni dei biglietti mi sono rivolto al solito faccendiere pakistano che stavolta si e' quasi superato: tempo pochi minuti dalla mia mail, mi ha risposto che aveva provveduto a cambiare l'itinerario: non piu' Islamabad-Dubai la mattina, ma Islamabad-Karachi nel pomeriggio.

Da Kabul sono partito intorno alle 15.30, per cui sono arrivato a Islamabad intorno alle 17.00 locali. Per fortuna c'era il fido William, l'autista, ad aspettarmi. Via alla Guest House, ma il volo per Karachi era alle 22.30, per cui non valeva la pena prendere una stanza. Sono rimasto a leggere nella lounge della GH, poi mi sono fatto portare da William a comprare qualcosina, ho cenato, e poi di nuovo all'aeroporto.

Nuova emozione: partenza dai voli nazionali del risibile aeroporto di Islamabad The Beautiful. Quanto meno non c'era nessuno, ma i due tipi che mi hanno fatto il check-in sembravano Gianni e Pinotto. Innanzitutto si sono accorti dei 20 Kg di sovrappeso dei miei bagagli, e vabbe'. Da li' e' partita una pantomima di circa dieci minuti sull'ammontare da pagare. Il calcolo sarebbe stato semplice per chiunque, ma mentre Gianni sosteneva che la tassa era di 72 Rupie, Pinotto replicava che invece era di 74. Sono andati avanti cosi' fino a quando e' arrivato un supervisore che ha definitivamente dato ragione a Gianni. Dopodiche', 72 x 20, che da' un chiaro 1440, ha richiesto un paio di minuti e diversi interventi congiunti sulla calcolatrice. Non e' stato per niente semplice invece la conversione in dollari. Inizialmente sono partiti da 25, ma poi, rosi dai dubbi, hanno rifatto i calcoli svariate volte per decidere (previo anche consulto col supervisore) che la cifra giusta era 20. Gianni ha provveduto a sbagliare la ricevuta, su cui ha scritto 15. Sfortuna ha voluto che il supervisore fosse ancora nei paraggi (probabilmente conosceva i suoi polli) e ha provveduto a succhiarmi anche gli altri 5 dollari.

Com'e', come non e', mi sono imbarcato. Ora, se volete viaggiare in Pakistan, vi consiglio caldamente di non usare la PIA, l'aerolinea di bandiera pakistana. Il perche' ve lo spiego nel prossimo post. Il perche' cio' sia necessario, pure.

sabato, dicembre 11 [23:31]

E figuriamoci.... 

Quando ho postato il post precedente ero in ufficio, e di li' a un'ora sarei andato in aeroporto. Che poi e' quello che ho fatto. Senonche', fatta la fila al check in, pagata la multa per l'immancabile sovrappeso dei bagagli, aspettata un'ora e mezzo in sala d'aspetto, mi sono sentito dire che il volo per Islamabad era stato cancellato per via del maltempo. E si', perche' dopo eoni di sole e cielo sereno, oggi qualcuno ha deciso che doveva piovere a dirotto. Per cui, niente da fare, sono tornato in Guest House, ed eccomi qui. Domattina ci riprovo, speriamo bene...

Dimenticavo del party di addio di ieri sera. Avevamo invitato una ventina di persone, ma ce ne siamo trovate in casa almeno il doppio. E' stato un bel party, erano tutti molto soddisfatti. Niente kebab, stavolta, solo hamburger e verdure. Con Jesko avevamo passato tutta la giornata a fare shopping: la mattina siamo andati al Supreme a comprare un po' di vino, poi a Flower Street a comprare le verdure, e qui abbiamo incontrato un vecchio venditore Afghano che parlava perfettamente il tedesco. Jesko si e' divertito parecchio....

Poi siamo andati al mercato del metallo. E' un posto spettacolare, una accozzaglia indefinita di baracche, o di semplici lamiere sostenute da pali di legno, dove una marea di gente si da' un sacco da fare a piegare, tagliare, sbalzare, lavorare lamine di metallo, e per lo piu' costruiscono stufe e bauli. Un casino terrificante, per parlare bisogna urlare perche' il rumore delle mazze sul metallo e' continuo e assordante. Noi cercavamo un barbecue, ma a quanto pare non e' un articolo che va per la maggiore. Ne abbiamo finalmente trovato uno e abbiamo iniziato la contrattazione con il bambino che gestiva il negozio, avra' avuto forse 12 anni. Pero' ci ha chiesto un prezzo un po' troppo alto, circa 1200 Afghans, ossia piu' o meno 25 dollari. Di per se' non e' una cifrona, ovviamente, ma si sa che da queste parti e' una questione di principio. Insomma, ce ne siamo andati, ma abbiamo trovato un altro bambino, stessa eta', che ci ha promesso che ne avrebbe fatto uno su misura, per il pomeriggio, a soli 1000 Afghans. Promessa mantenuta. Siamo tornati nel pomeriggio, e la sera abbiamo inaugurato il nostro bel barbecue nuovo di zecca.

Nel frattempo, intorno all'ora di pranzo, siamo andati al mercatino di Natale che viene organizzato ogni anno dalle NGO. Ci sono un sacco di cose, alcune anche molto belle, tutte fatte a mano principalmente dalle vedove di guerra incluse nei progetti umanitari delle NGO stesse. Gli viene insegnato a produrre tappeti, ceramiche, gioielli, vestiti, scialli, cappelli, borse e quant'altro, e queste cose vengono poi vendute al pubblico, specialmente agli internazionali. Il ricavato va alle vedove stesse, che possono cosi' provvedere alle legioni di figli che hanno messo al mondo. Ovviamente i prezzi sono parecchio gonfiati, ma a Natale tutti si sentono piu' buoni (anche qui), e poi c'e' la "scusa" umanitaria, per cui la gente compra. Ho comprato anch'io qualcosa da regalare, ma non vi dico cosa, per non rovinare la sorpresa ai destinatari...

A questo punto, spero tanto che questo sia l'ultimo post di questo secondo blog. Per il futuro, al momento continuo a non sapere niente. Oggi ho incontrato il vice di Susana, e con la scusa di salutarlo gli ho fatto notare che non ho un contratto per tornare. Ho anche velatamente accennato al fatto che senza di me ACORD se lo danno sui denti, e lui e' sembrato alquanto colpito da questo fatto, e ha detto che avrebbe parlato con Susana. A questo punto, aspettiamo. Nel frattempo, appena riesco ad arrivare a casa, mi godo un po' di civilta'.

Spero di chiudere qui, quindi. Quando si sapra' qualcosa, magari aggiungero' una piccola postilla, ma sicuramente la notizia la pubblichero' sul sito, eternamente in costruzione, della Percorsi Grafici.

Fine del secondo blog. Ci rivediamo l'anno prossimo. Oppure domani, se in questa ridente cittadina (?) continuera' a piovere...

Ultimi fuochi 

Sono giorni molto convulsi. Sto girando da una parte all'altra tentando di completare la raccolta di firme necessarie per tutti i documenti richiesti. Poi dovevo pensare al biglietto aereo, alla GH di Islamabad, ai soldi, alla restituzione di radio, LP, ID card, e altre menate. In piu' ho dovuto risolvere svariate questioni riguardanti ACORD, scrivere un paio di rapporti, e finire in qualche modo il database dell'HR in modo da far sembrare che funzioni...

Bene o male, sono riuscito a fare tutto, o quasi tutto. L'LP non lo mollo, altrimenti a Islamabad potrei morire. Lo restituiro' a Roma quando torno. E poi c'e' il problema dei soldi: tre mesi di arretrati. E' successo che da qualche parte hanno fatto un casino, cosi' che io a Luglio ho preso lo stipendio di un tizio di Dubai, e lui ha preso il mio. Ora devono correggere tutti gli errori, e poi forse potro' avere il giusto guiderdone. A Roma.

Ad ogni modo, in questi giorni sto anche facendo altre cose, tipo rompere regolarmente qualunque regola di sicurezza. Ma andiamo con ordine.

Tanto per iniziare, vi metto qualche foto fatta a Kandahar. Comincio subito alla grande con questa foto, una delle mie preferite, fatta nella panetteria che siamo andati a visitare. E poi i due clienti che a un certo punto sono arrivati per comprare del pane...

Martedi' scorso invece siamo andati all'Ambasciata italiana, dove c'era un party di addio per l'Ambasciatore, che tornava a casa. Li' abbiamo incontrato un sacco di gente, tra cui un gruppo di restauratori di ceramica italiani che lavora qui al Museo di Kabul. E' stato cosi' che l'altro ieri mattina ci siamo incontrati di nuovo e siamo andati a Bala Hissar.

Bala Hissar e' una fortezza che sorge su una montagna al centro di Kabul, con una storia millenaria che passa pure per Tamerlano e le guerre anglo-afghane del secolo scorso. Attualmente e' parecchio rovinata, ma anticamente le sue mura circondavano tutta la citta'. Ci siamo inerpicati fino in cima alla montagna, a circa 2200 metri. Una scarpinata bestiale... mi sembrava di essere tornato in Trentino.

In cima abbiamo trovato questo qui. E' un vecchio soldato che praticamente vive li' da solo con un cane altrettanto vecchio. Dice che fa la guardia, ma a che cosa esattamente non si e' capito. Un gran bravo vecchietto afghano. Dopo un po' sono arrivati altri ragazzi e, ovviamente, e' scattato il "chai mekhoni?", la classica, immancabile offerta di te'. Abbiamo provato, ma non siamo riusciti a rifiutare. In genere il timore in questi casi e' per l'acqua, che non si sa mai da dove viene (nella maggioranza dei casi, non lo si vuole proprio sapere...). Comunque il te' era buono, incredibilmente ci hanno messo pure lo zucchero. Generalmente il te' viene servito senza assolutamente nulla, ma a parte viene offerta una caramella di quelle morbide e dolcissime, tipo mou. Bevono un sorso di te', e danno un morso alla caramella. Mah.

Quello che ha guastato un po' la giornata e' stato uno dei restauratori, il classico tipo "So-tutto-io". Per tutto il tempo non ha fatto altro che raccontarci di tutte le volte che era gia' stato li', di come fosse stato cosi' bravo da arrivare fino in cima, e poi storie assolutamente non controllabili sulla storia del posto. Soprattutto, insisteva sul fatto che di mine, li', non ce n'erano. Ora, tutti sanno che Kabul e' una delle citta' piu' minate al mondo, e che di mine se ne trovano pure quando vai a fare la spesa. Ma lui no, insisteva. Un po' come "La mafia non esiste", insomma. Quindi, considerando che dopo nemmeno dieci minuti abbiamo visto questo e questo, se ne deduce che il tipo in questione o e' cieco, oppure spara un sacco di c.....e.

Com'e', come non e', il panorama non era niente male. Certo, tutto questo marrone a lungo andare stanca. Pero' la gente e' sempre abbastanza socievole, magari un po' diffidente all'inizio, ma comunque e' sempre contenta quando chiedi di fare una fotografia.

Dopodiche', ritorno a casa. Tanto per darvi un'idea di com'e', vi metto qui la foto del salone con il camino. L'omino sulla destra e' Jesko, il nuovo inquilino. Anzi, vi metto pure una foto con tre quarti della compagnia. Manca solo Cristina, ma magari mettero' una sua foto da qualche altra parte...

lunedì, dicembre 6 [13:07]

Vacanze afghane 

Il bello di vivere in questi posti e' che ogni occasione e' buona per fare festa, e se non ci sono, si creano. Domani, ad esempio, c'e' la cerimonia di insediamento del neo eletto Karzai, e che si fa? Ovviamente, si dichiara Kabul white city, ossia ufficio chiuso, niente lavoro. Le strade principali verranno tutte bloccate da militari e poliziotti, il che vuol dire, in una citta' come Kabul, che tutte le altre strade diventeranno un inferno di macchine, autobus, moto e biciclette avvoltolate l'un l'altra, nel disperato quanto ottuso tentativo di passare per primi.

Perche' e' questo lo stile di guida del Kabuliano medio. Appena vedono un buco, ci si infilano, non importa se cosi' facendo danno scacco matto a un intero incrocio, e men che mai e' importante se essi stessi rimangono bloccati nella nuova posizione. A quanto pare gli manca proprio il senso della prospettiva, della pianificazione, la capacita' di pensare oltre i dieci secondi successivi. Il vantaggio immediato e' tutto cio' che vedono.

Questa tendenza si nota anche nel loro modo di lavorare, o di comportarsi. Se gli chiedi qualcosa, ti rispondono "OK, no problem", anche se non hanno capito una cicca di quello che gli hai chiesto. Magari gli chiedi un report importante per la mattina dopo, loro non capiscono un'acca, pero' ti dicono "OK, no problem". Non si pongono il problema di cosa succedera' la mattina dopo quando tornerai da loro a chiedere del report. Fondamentalmente perche' sono abituati al fatto che la stessa cosa gli verra' richiesta nuovamente, e non ci saranno grosse conseguenze.

Altrettanto plateale e' la tendenza al minimo risultato con il minimo sforzo. Ad esempio, sono mesi che sto chiedendo agli Area Office di farmi avere l'elenco delle operazioni di distribuzione del cibo dell'ultimo anno e mezzo: data, numero del documento, tipo di alimento, quantita', e stop. Non ci vuole molto: i dati ci sono, in fogli Excel, basta estrarli e mandarli. Ma perche' sprecare tempo e fatica a estrarli? E cosi' da settimane mi arrivano fogli Excel su cui c'e' tutto, dal nome dell'autista del camion, al chilometraggio percorso, al consumo di carburante.

Quindi poco fa ho mandato una simpatica mail delle mie, piena di corsivi, grassetti, frasi in rosso, in cui specifico bene i dati che mi servono, che qualunque altra cosa verra' cestinata, e che il tutto mi deve arrivare entro giovedi' a mezzogiorno. Ho copiato i rispettivi capi degli Area Office raccomandandomi a loro. Se stavolta non si decidono a lavorare come si deve, qualche provvedimento lo prendo io...

domenica, dicembre 5 [17:03]

Giornate calde 

In realta' fa parecchio freddino, e stranamente e' anche un po' umido. Si e' quindi riproposto il problema del riscaldamento. La casa e' provvista di alcuni bukhari, stufe a kerosene che vanno benissimo per le baite svizzere ma non troppo bene per una casa grande come la nostra. Tempo fa avevo proposto di sfruttare il camino, anche perche', a occhio, la legna dovrebbe costare meno del kerosene, ma la proposta non ebbe molto seguito. Ieri invece ne abbiamo riparlato, e abbiamo deciso di chiedere informazioni sui prezzi. Per il kerosene spendiamo circa 230-250 dollari al mese. Con la legna, se ne vanno al massimo una cinquantina di dollari.

Senza indugiare oltre abbiamo dato incarico al factotum di casa, tale Ali, di acquistare 150 Kg di legna, e la sera abbiamo inaugurato il camino. Caldo bestiale in tutto il salone, stavamo in maniche di camicia, e ci abbiamo pure riscaldato la pizza (afghana) preparata dal cuoco. Mi sa che i bukhari li mandiamo in pensione anticipata. Jack Johnson in sottofondo, chiacchieratina tra amici, bicchiere di vino... serata estremamente rilassante e tranquilla.

E' arrivato in questi giorni un nuovo inquilino, tale Jasko. Ragazzone tedesco alto, biondo e con gli occhi azzurri, che starebbe benissimo in divisa da Gruppenfuhrer. Pero' e' simpatico. Ieri sera siamo andati a giocare a squash, e ci torneremo martedi'. Ultimi colpi di coda prima della partenza di sabato prossimo.

Nel frattempo oggi ho cominciato gli infernali giri burocratici per riempire tutti i moduli per il termine del contratto. Poi si dice la burocrazia italiana... non e' che quella UN sia molto meglio, anzi...

Che altro dire? Niente. Ah, si'. Il coprifuoco e' tornato alle 2200. Ora che sto per andare via.

sabato, dicembre 4 [16:02]

Pufff... questo voleva anda' alla fortezza... 

Ieri giornata interessante... piu' che altro all'insegna della trasgressione. Innanzitutto sono andato all'Atmosphere, il ristorante francese, per un brunch con degli amici. Si', d'accordo, non e' permesso... OK, gli ultimi 500 metri li ho fatti a piedi, e non e' permesso neanche questo... pero' in fondo non e' successo niente. C'era un bel falo' nel giardino, assai piacevole visto che il cielo era coperto, e l'aria parecchio freschina. Ho incontrato anche un altro italiano, Armando, che lavora per una NGO. Simpatico.

Nel pomeriggio siamo andati alla fortezza, quella che si vedeva dalla GH2, e di cui ho postato alcune foto. Certo, non e' permesso, anche perche' la collina e la fortezza stessa sono ancora un po', come dire... minate. Ma per salire ci sono dei sentieri ben battuti e comunque sicuri. Eravamo io, Armando e Lubna, una interessante ragazza di padre kenyota, madre pakistana, nata in Inghilterra, vissuta in Kenya, che ha viaggiato quasi dappertutto e che parla Inglese, Dari, Urdu, tre diversi dialetti indiani, un po' di Swahili, e sta prendendo lezioni di Francese. Dice che il Dari l'ha imparato in tre mesi, ma sinceremente non mi pare probabile... comunque, lo parla fluentemente.

Insomma, siamo saliti fino in cima, e abbiamo incontrato due guardie armate che ci hanno chiesto, con l'aria vagamente minacciosa, se eravamo Inglesi o Americani. Quando gli abbiamo detto che eravamo Italiani, sono cambiati dalla notte al giorno. Amicissimi, sorridenti, "Italian gud pipol", "Italian frend", e via di questo passo. Uno si e' proposto come guida, e ci ha aperto l'enorme portone in ferro che da' all'interno. Interno in cui non c'e' assolutamente nulla, visto che tutta la collina e' stata abbondantemente bombardata durante la guerra.

Armando e' subito partito verso sinistra, ma la guardia ci ha fermato e ci ha spiegato che visitare quella parte non era molto igienico, vista la quantita' di mine ancora attive. Ci ha percio' fatto fare un altro giro, e siamo arrivati fino al punto piu' alto, una specie di bastione in completa rovina. Da li' si vedeva un bel po' di Kabul - non era come la vista dalla TV hill, ma era carino lo stesso. Piu' che altro ho visto la GH2 dall'alto. Si vedeva persino la porta della camera #9. Ovviamente avevo dimenticato a casa la macchina fotografica...

Ma faceva freddo, pioviccicava anche un pochino, per cui siamo andati via quasi subito, dopo aver dribblato l'offerta delle due guardie di sederci con loro a prendere l'immancabile te'. Scendendo abbiamo attraversato un po' di slum di Kabul, con i soliti bambini sudici che corrono da tutte le parti ridendo, facendo volare aquiloni e fermandosi stupefatti al nostro passaggio. Sporco dapertutto, pozze di fanghiglia mista a rifiuti e liquame, pecore, qualche cane, pochissimi adulti. Puzza inevitabile. Le case sono in mattoni, pietra, legno, tutte decisamente cadenti e malandate.

Alla fine siamo arrivati a casa di Lubna. Divani, cuscini, candele, bacchette di incenso, lampade basse, musica indiana in sottofondo, te' caldo. Armando si e' messo a leggere "A History of God". Io mi sono addormentato in tempo zero.

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